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La Vera Vite

Spirito Santo

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Corpus Domini

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Nel Corpo e nel Sangue di Gesù

Ciascun uomo possa "sentire e gustare" la presenza di Gesù e Maria, SS. Madre della Pentecoste, nella propria vita, in ogni attimo della propria giornata.



Nello Splendore della Resurrezione del Signore l'uomo trovi la sua vera dimensione e riesca ad esprimerla con Amore e Carità. Un abbraccio Michy


Maria SS. di Montevergine

Maria SS. di Montevergine
Maria SS. di Montevergine

Ti seguitò Signore - Mons.Mario Frisina

domenica 31 luglio 2011

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

Tutti mangiarono e furono saziati.

In quel tempo, avendo udito , Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.
Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini. Mt 14,13-21

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Un dono trasformato in miracolo

Vorrei tanto essere uno dei cinquemila, quella sera, sul lago. Li invidio, non per il miracolo dei pani, ma per la seduzione che hanno provato, più forte di ogni paura: sono andati da Gesù, ascoltano e vivono, ascoltano e brucia il cuore, ascoltano e risplende la vita. Stare con lui: e quando scende la sera, la notte e il deserto profumano di pane. Stare con lui: e sentire che più vivo di così non sarà mai.
I discepoli, uomini pratici, dicono a Gesù:­ Congeda la folla, perchè vadano a comprarsi da mangiare. Se non li congeda lui, non se ne andranno spontaneamente. Ma Gesù non li manda via, non ha mai mandato via nessuno.­ bello questo preoccuparsi dei discepoli, ma più bello­ Gesù che prova compassione. Anzi, letteralmente, ­preso alle viscere per loro dice: ­date loro voi stessi da mangiare ­. I discepoli parlano di comprare, Gesù parla di dare. Apre un altro modo di essere: dare senza calcolare, dare senza chiedere, generosamente, gratuitamente, per primi. A noi, che quotidianamente preghiamo: ­Dacci oggi il nostro pane, il Signore risponde:Voi date il vostro pane­. Dacci, noi invochiamo. Donate, ribatte lui.
Ci sono molti miracoli in questo racconto: il primo­ quello della folla che, scesa ormai la notte nel deserto, non se ne va e rimane con Gesù. Il secondo sono i cinque pani e i due pesci che qualcuno mette nelle sue mani, fidandosi, senza calcolare, senza trattenere qualcosa per sè, poco, ma tutta la sua cena. Terzo miracolo: ­poco, eppure quel poco basta, secondo una misteriosa regola divina: quando il mio­ pane diventa il nostro pane, il dono­ seme di miracolo. Infine il quarto: la sovrabbondanza, tipica di Dio: raccolsero gli avanzi in dodici ceste. Una per ogni trib, una per ogni mese. Tutti mangiano e ne rimane per tutti, e per sempre. E hanno valore anche gli avanzi, le briciole, il poco che sei, il poco che sai fare, il bicchiere d'acqua dato. Nulla­ è troppo piccolo di ciò hai che­ donato con tutto il cuore.
L'unico merito che i cinquemila possono vantare, l'unico loro diritto al pane la fame. Davanti a Dio mio vanto esclusivo ­il bisogno. Di nulla mi vanterei se non della mia debolezza ( 2 Cor 12, 5). Davanti a Dio non c'è nulla di meglio che essere nulla, come l'aria davanti al sole, come il polline nel vento ( Simone Weil), nutrendo così la nostra fame di sole e di pane, di cielo e di mani che conoscano il dono. (Commento di padre Ermes Ronchi)

Omelia di don Domenico Luciani (video)

sabato 30 luglio 2011

Sabato della XVII settimana del Tempo Ordinario

Erode mandò a decapitare Giovanni e i suoi discepoli andarono a informare Gesù.

In quel tempo al tetrarca Erode giunse notizia della fama di Gesù.
Egli disse ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista. È risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi!».
Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla con te!». Erode, benché volesse farlo morire, ebbe paura della folla perché lo considerava un profeta.
Quando fu il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle quello che avesse chiesto. Ella, istigata da sua madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista».
Il re si rattristò, ma a motivo del giuramento e dei commensali ordinò che le venisse data e mandò a decapitare Giovanni nella prigione. La sua testa venne portata su un vassoio, fu data alla fanciulla e lei la portò a sua madre.
I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù. Mt 14,1-12
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«Costui è Giovanni il Battista».
L’esclamazione di Erode Antipa manifesta la sua superstizione e la sua paura, ma ha del vero. Fra Gesù e Giovanni ci sono dei legami che non possono essere trascurati.
«Conviene che adempiamo ogni giustizia», gli aveva detto Gesù (Mt 3,15), mettendo così in luce la loro perfetta intesa.
Per capire, dunque, Gesù, occorre capire anche Giovanni, perché questi è in ogni caso il Precursore, chi preannuncia in sé Gesù. Il suo martirio giunge alla fine di una drammatica catena di peccati, che travolgono Giovanni il quale l’ha denunciato. Egli è il più grande profeta, l’Elia degli ultimi tempi che oppone al peccato il diritto di Dio. Per questo soffre la persecuzione, è gettato in carcere ed è ucciso; perché egli è profezia vivente del Signore. Dove Giovanni conclude, Gesù ricomincia. Le tappe della vita del Battista diventano per Gesù degli annunci e dei segnali. Anche la sua morte sarà legata a un banchetto, ben diverso però. Il banchetto di Erode - fu all’origine di una storia di morte; il banchetto di Gesù è all’inizio di una storia salvezza e di vita. Per questo l’evangelista racconterà subito dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani, figura del dono eucaristico.
 
Dal Giornale "a Sua Immagine"

venerdì 29 luglio 2011

Venerdì della XVII Settimana del Tempo Ordinario - S. Marta

Io credo che sei il Cristo, il Figlio di Dio.
In quel tempo, molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa.
Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà».
Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno».
Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Gv 11,19-27

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«Una donna, di nome Marta, lo ospitò».

Nel Discorso 103 Sant’Agostino comincia col commentare così questo racconto:
«Marta lo accolse come si è soliti accogliere i pellegrini, e tuttavia accolse il Signore come serva, il Salvatore come inferma, il Creatore come creatura. Lo accolse pernutrirlo nella carne, mentre era lei che doveva essere nutrita nello spirito». Il commento è molto bello e non tende affatto a colpevolizzare Marta. Quasi colloquiando con lei Agostino le dice come di dare un tocco in più al suo affannarsi e le suggerisce di dare un orientamento escatologico al suo agire: orientarlo al riposo, alla contemplazione, che Maria ha già scelto. «O Marta, - esclama - sia detto con tua buona pace, tu, già benedetta per il tuo encomiabile servizio, come ricompensa per questa tua fatica domandi il riposo». Il richiamo di Gesù a Marta, tuttavia, è poiché si affanna e si agita per molte cose. Il suo è, perciò come un girare a vuoto.
Indicandole come necessaria una sola, quella di Maria, Gesù le domanda di dare un senso al suo agire e le dice che questo senso è l’incontro e lo stare con Lui. Tutto sommato, è questo il nostro stesso problema.

Dal Giornale "A Sua Immagine"

Giovedì della XVII Settimana del Tempo Ordinario

Raccolgono i buoni nei canestri e buttano via i cattivi.

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Terminate queste parabole, Gesù partì di là. Mt 13,47-53

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«Avete compreso tutte queste cose?

Gli risposero: Sì». È la figura del discepolo. Le cose di cui parla Gesù sono i misteri del Regno dei cieli. Non si tratta di capire concetti, ma di entrare in comportamenti, in scelte di vita. La domanda di Gesù giunge alla fine di una serie di parabole nelle quali si è parlato di dare frutti, ascoltare e vedere, essere trovati nella giustizia…Comprendere tutte queste cose significa viverle e farle proprie. Il sì di risposta è l’Amen della fede, il sì di chi aderisce, accoglie, accetta e fa proprio nella vita. Nel capitolo 13 di Matteo di parabole ce ne sono almeno otto e sin dal principio è detto che Gesù «parlò loro di molte cose con parabole» (v. 3). Sono queste che illustrano i segreti del Regno. 
Franz Kafka scrive in un suo racconto che molti si lamentano delle parole dei sapienti (il Vangelo parla di uno scriba, divenuto discepolo del regno) perché sono sempre e soltanto parabole, ma inutilizzabili nella vita di ogni giorno: i problemi della vita sono altri, si dice. «A questo proposito uno disse: Perché vi opponete? Se seguiste le parabole, diventereste voi stessi parabole, e perciò stesso sareste già liberi dal travaglio di ogni giorno».
Dal Giornale "A Sua Immagine"

mercoledì 27 luglio 2011

Mercoledì della XVII settimana del Tempo Ordinario

Vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra». Mt 13,44-46



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Due brevissime parabole, che hanno il sapore delle storie antiche del ritrovamento di tesori nascosti. I due protagonisti sono diversi fra loro: il primo è un salariato, onesto, ma povero; il secondo è un commerciante forse ricco, ma non ha
che ha trovato lui! Diversa è storia del giovane ricco, il quale «se ne andò, triste; possedeva infatti
molte ricchezze» (Mt 19,22). La sua tristezza si contrappone alla gioia del contadino della nostra parabola: questi aveva il cuore libero, quello, invece, chiuso dalla ricchezza!
Quando l’incontro con Gesù ci prende il cuore, allora siamo pieni di gioia e questa gioia spinge e
quello che davvero desidera. Il tesoro e la perla li afferrano con illoro fascino e la loro bellezza e così hanno l’opportunità di dare un senso all’aspirazione del cuore. Poiché le due parabole sono alquanto simili, consideriamo la prima e di essa, in particolare, scegliamo un’espressione: «poi va, pieno di gioia»! La gioia invade il cuore di quest’uomo, lo trasporta e lo spinge ad una scelta onerosa («vende tutti i suoi averi»), ma decisiva. Più che essere stato lui a trovare il tesoro, è il tesoroorienta la vita e la rende capace anche delle scelte più difficili e impegnative.Dal Giornale "a Sua Immagine"

martedì 26 luglio 2011

Martedi della XVII Settimana del Tempo Ordinario - Santi Gioacchino ed Anna

Come si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.

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In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».
Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!». Mt 13,36-43

«Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità». È la spiegazione della parabola della zizzania, che Gesù riserva ai suoi discepoli. Se quella, però, portava con sé un messaggio di pazienza, di speranza e di misericordia prima del giudizio finale, questa insiste piuttosto sulla necessità di trovarsi in quel momento - come suol dirsi- dalla parte giusta, per non essere esclusi dalla salvezza.
Non sono due diversi messaggi, ma il medesimo, benché in situazioni e prospettive diverse.
Nel primo caso si ricorda che, durante il pellegrinaggio terreno, la Chiesa non è ancora la comunità dei salvati, ma piuttosto il luogo dove si ottiene il dono della salvezza. Può accadere, tuttavia, che, abusandodella misericordia di Dio, nella comunità insorga lo spirito di adattamento, d’incoerenza, di rilassatezza e di compromesso.
La reazione di fronte a ciò deve essere chiara. «Di fronte al male morale, l’atteggiamento di Dio è quello di opporsi al peccato e salvare il peccatore. Dio non tollera il male, perché è Amore, Giustizia, Fedeltà; e proprio per questo non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva» (Benedetto XVI, Angelus del 13 marzo 2011).
 
Dal Giornale  "A Sua Immagine"

Lunedì della XVII settimada del tempo ordinario - San Giacomo

Il mio calice, lo berrete.


In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».

Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Mt 20,20-28

Poiché San Giacomo fu il primo degli apostoli a subire il martirio, il testo evangelico ne parla ricorrendo all’immagine del calice da bere. La sequela di Gesù implica la partecipazione alla sua passione dolorosa e il discepolo deve essere consapevole di cosa sceglie.
Il racconto si conclude con un altro detto di Gesù: quello sul Figliodell’uomo, «che non è venuto per farsib servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Fa da sfondo, in questo caso, la figura del «Servo del Signore» di Is 53,10-12, ma il senso vero lo scopriamo nella morte sulla Croce di Gesù. Per Lui servire significa essere fedele al progetto del Padre e fare a noi il dono della vita. Da questo gesto di amore assoluto s’inaugura una storia di libertà nella quale dobbiamo lasciarci coinvolgere. Il miglior commento che unisce i due detti del Signore sta nelle sue parole durante l’ultima cena. Gesù prese il calice, rese grazie e lo diede ai discepoli, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sanguedell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati» (Mt 26,28). Tutto si capisce a partire dall’Eucaristia!
Dal Giornale "A Sua Immagine"

domenica 24 luglio 2011

XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche». Mt 13,44-52