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La Vera Vite

Spirito Santo

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Corpus Domini

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Nel Corpo e nel Sangue di Gesù

Ciascun uomo possa "sentire e gustare" la presenza di Gesù e Maria, SS. Madre della Pentecoste, nella propria vita, in ogni attimo della propria giornata.



Nello Splendore della Resurrezione del Signore l'uomo trovi la sua vera dimensione e riesca ad esprimerla con Amore e Carità. Un abbraccio Michy


Maria SS. di Montevergine

Maria SS. di Montevergine
Maria SS. di Montevergine

Ti seguitò Signore - Mons.Mario Frisina

martedì 31 marzo 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la V settimana di Quaresima)

MARTEDI’ (Gv 8,21-30)
Il Crocifisso, rivelazione di Dio e salvezza degli uomini – Il peccato è un male incurabile, perché gli uomini, con le proprie forze, non sono in grado di riallacciare il rapporto interrotto con Dio. Tuttavia ci viene dato un segno, come un tempo gli ebrei nel deserto; ma al legno è inchiodato il Figlio di Dio, che ci riconduce al Padre. Cfr. Messalino ed. EDB) - ->>
Gesù pronuncia una strana sentenza, in contraddizione con tutto il Vangelo, se tolta dal suo contesto: “Dove vado io, voi non potete venire”. In altri termini, non possiamo seguire Cristo se siamo nel peccato, cioè se rifiutiamo Dio e colui che egli ha mandato, Gesù Cristo. Secondo san Giovanni, il rifiuto di Cristo è il peccato più grande. Come Mosè nei confronti del suo popolo, Cristo parla in nome di Dio. Mosè nel tempo in cui era il pastore del popolo di Israele, aveva ascoltato le seguenti parole: “Io-Sono mi ha mandato a voi... Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi” (Es 3,14-15). Il nome di Dio bastava agli Ebrei perché avessero fiducia in Mosè, per fuggire dalla schiavitù e partire verso la terra promessa. Questo nome celava in sé la potenza e il dinamismo dell’Esodo. Grazie a questo nome, s’è compiuta la Pasqua in cui non è mancata né manna né acqua. Ci furono le quaglie e il serpente di rame a salvare dalla morte. Evocando questo nome, che è il suo nome, Gesù ricorda tutta la strada percorsa dalla schiavitù alla libertà, perché ciascuno di noi deve intraprendere questo cammino dalla morte alla vita. Per provare in sé questa Pasqua, bisogna credere in Gesù, credere a Gesù. Credere che egli è l’inviato, il Messia, e credere nelle sue parole. Allora si impara a seguirlo nel mistero pasquale, nella passione, nella morte sulla croce e nella risurrezione. (Tratto da "La Chiesa.it)

mercoledì 25 marzo 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la V settimana di Quaresima)

LUNEDI’ (Gv 8,1-11)
Il Tempo di grazia – Oggi si è così indulgenti verso l’adulterio, che l’atteggiamento di Gesù non ci sorprende più. Ma c’è forse un malinteso fra il suo modo di fare ed il nostro? Se noi siamo indulgenti, non dipenderà dal fatto che prendiamo il peccato meno sul serio?Gesù da parte sua, non relativizza il peccato dell’adultera. Non cerca di rassicurarla dichiarandole, per esempio, che tutto ciò è senza importanza. Al contrario le dice: ” D’ora in poi non peccare più”. Tuttavia non vuole rinchiudere gli uomini nel loro peccato; crede nella possibilità della conversione per ciascuno di noi. Gesù non tranquillizza, ma chiama ad una vita rinnovata, a un amore ricostruito al di là degli egoismi e delle incomprensioni reciproche.--Cfr. Messalino ed. EDB) - -
Gesù Cristo insegna sul monte degli Ulivi e, in seguito, nel tempio. Raduna attorno a sé persone diverse, alcune che lo ascoltano volentieri e attentamente, altre che tentano a loro modo di raggirare la legge e l’autorità. Gli uni e gli altri ricevono una lezione. Gli scribi tendono una trappola a Gesù conducendo da lui una donna sorpresa in adulterio, ma Cristo ribadisce il valore e l’immutabilità delle leggi e delle esigenze divine, mostra come ci si deve comportare col peccatore, di cui rispetta la dignità umana: “Neanche’io ti condanno, va’ e d’ora in poi non peccare più”. Ecco le premesse del Vangelo di oggi: il male è male, il peccato è peccato, ma l’uomo è chiamato costantemente alla santità. Deve continuamente operare in sé il passaggio dall’uomo vecchio, cioè dal peccatore, all’uomo nuovo, rigenerato dall’acqua e dallo Spirito. Non c’è nessuno al mondo che sia senza peccato. Dobbiamo tutti impegnarci in modo solidale sulla via del ritorno a Dio. Chi di noi è senza peccato, scagli per primo la pietra. Molte pietre vengono scagliate e non perché sono in molti ad essere senza peccato. Quante persone invece, incontrando la misericordia di Cristo, si allontanano per non peccare più? Impariamo ad ascoltare attentamente Cristo, senza nasconderci dietro le leggi. L’insegnamento da seguire è l’amore!

V settimana di Quaresima (29 mar / 04 apr)Omelia della V Domenica di Quaresima

V SETTIMANA DI QUARESIMA (Anno B)

Domenica Gv 12,20-33)
In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.
Lunedì (Gv 8,1-11)
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma all’alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?”. Ed essa rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù le disse: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”.

Martedì (Gv 8,21-30)
In quel tempo, Gesù disse ai farisei: “Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire”. Dicevano allora i Giudei: “Forse si ucciderà, dal momento che dice: Dove vado io, voi non potete venire?”. E diceva loro: “Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati”. Gli dissero allora: “Tu chi sei?”. Gesù disse loro: “Proprio ciò che vi dico. Avrei molte cose da dire e da giudicare sul vostro conto; ma colui che mi ha mandato è veritiero, ed io dico al mondo le cose che ho udito da lui”. Non capirono che egli parlava loro del Padre. Disse allora Gesù: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono e non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre, così io parlo. Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite”. A queste sue parole, molti credettero in lui.

Mercoledì (Gv 8,31-42)
In quel tempo, Gesù disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Gli risposero: “Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Diventerete liberi?”. Gesù rispose: “In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenza di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro!”. Gli risposero: “Il nostro padre è Abramo”. Rispose Gesù: “Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo! Ora invece cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da Dio; questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro”. Gli risposero: “Noi non siamo nati da prostituzione, noi abbiamo un solo Padre, Dio!”. Disse loro Gesù: “Se Dio fosse vostro Padre, certo mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato”.

Giovedì Gv 8,51-59
In quel tempo, disse Gesù ai Giudei: “In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte”. Gli dissero i Giudei: “Ora sappiamo che hai un demonio. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: ‘‘Chi osserva la mia parola non conoscerà mai la morte’’. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti; chi pretendi di essere?”. Rispose Gesù: “Se io glorificassi me stesso, la mia gloria non sarebbe nulla; chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: ‘‘È nostro Dio!’’, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. E se dicessi che non lo conosco, sarei come voi, un mentitore; ma lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò”. Gli dissero allora i Giudei: “Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?”. Rispose loro Gesù: “In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono”. Allora raccolsero pietre per scagliarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

Venerdì Gv 10,31-42
In quel tempo, i Giudei portarono pietre per lapidare Gesù. Egli disse loro: “Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?”. Gli risposero i Giudei: “Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio”. Rispose loro Gesù: “Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dei? Ora, se essa ha chiamato dei coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata), a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre”. Cercavano allora di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì dalle loro mani. Ritornò quindi al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò. Molti andarono da lui e dicevano: “Giovanni non ha fatto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero”. E in quel luogo molti credettero in lui.

Sabato Gv 11,45-56
In quel tempo, molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista della risurrezione di Lazzaro credettero in lui. Ma alcuni andarono dai farisei e riferirono loro quel che Gesù aveva fatto. Allora i sommi sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dicevano: “Che facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione”. Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell’anno, disse loro: “Voi non capite nulla e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera”. Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo. Gesù pertanto non si faceva più vedere in pubblico tra i Giudei; egli si ritirò di là nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Efraim, dove si trattenne con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione andarono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e stando nel tempio dicevano tra di loro: “Che ve ne pare? Non verrà egli alla festa?”.

V settimana di Quaresima

Omelia della V Domenica di Quaresima
Di Don Paolo Curtaz

Il dubbio di Dio
Dio ha un solo desiderio: salvarmi, rendermi felice, colmare il mio tiepido cuore di ogni tenerezza. Dio si è scomodato per venire a dirmelo di persona, Gesù, figlio di Dio, svela compiutamente il disegno di Dio e, dice, è disposto a morire per questo.
Ci è chiesto, in questo percorso di vita che è la Quaresima, un’ennesima conversione: passare dall’idea di un Messia trionfante a quella un Messia dimesso, da un Dio da corrompere e con cui mercanteggiare al Padre che sa di cosa hanno bisogno i propri figli, da un Dio misterioso e lunatico che ci giudica con severità, al Dio che desidera la nostra felicità più di quanto noi stessi la desideriamo…
Siamo liberi, splendidamente, drammaticamente, perché l’amore è libero e rende liberi. Dio corre il rischio del rifiuto, accetta il fatto che possiamo scegliere le tenebre, pur di non lasciare che le nostre opere vengano alla luce.
Ma noi, discepoli fragili e appassionati del Maestro, dimoriamo nella verità che è il Vangelo.
Di fronte alla libertà dell’uomo, Gesù resta spiazzato: il grande progetto di annuncio del Regno portato avanti con passione in tre anni, si sta rivelando un fallimento.
Dopo gli entusiasmi degli inizi, la folla considera Gesù un bidone: i romani sono ancora lì, i malati sono sempre numerosi, il regno messianico, ingenuo e trionfante, non è venuto.
Poco è cambiato. Il Nazareno non è il vero Messia.

Il Dio turbato
Filippo è contattato da alcuni greci che vogliono vedere Gesù.
Si aspettavano di incontrare un grande filosofo saggio disposto a condividere con loro la sua dottrina.
E, invece, trovano un uomo turbato e dubbioso, che vede in quell’interessamento da parte dei pagani una specie di segnale, un’intuizione della propria fine.
Tutto si sta compiendo, dunque, sta per suonare l’ultima campana.
Questo Dio che accetta il limite dell’uomo, che sceglie, come noi, che sbaglia, come noi, si rende conto, ora, che sta per compiersi la sua ascesa al Padre.
Non è bastato quanto detto, né i segni, né il volto svelato del Padre. Tutto inutile: l’uomo non sembra in grado di cambiare, preferisce tenersi un Dio severo e scostante, un Dio da servire con sfarzose cerimonie e da corrompere con sacrifici.
Forse, siamo sinceri, hanno ragione i suoi contemporanei: è troppo esigente un Dio che ama, troppo diverso. È meglio praticare una religiosità fatta di regole rassicuranti, meglio una religiosità equilibrata, con i suoi limiti e le sue promesse.
Cos’ha tanto da arrabbiarsi, il Nazareno? Si è sempre fatto così!
Gesù si è incupito: le cose sono diverse, ora, impreviste.
Sì, certo; alcuni lo hanno seguito, anzi sono entusiasti, ma durerà? E i suoi amici, quelli che ha scelto, che ha seguito, che ha istruito, che ha amato, saranno capaci? Gesù pensa a quei quaranta giorni passati nel deserto di Giuda, tre anni prima.

Il deserto
Nel silenzio assordante del deserto, con il vento che faceva socchiudere gli occhi, vagando tra le rocce spigolose e colorate, nella preghiera aveva scelto dentro di sé il sentiero da seguire: non avrebbe compiuto gesti eclatanti, né mostrato i muscoli, ma donato un amore compassionevole e disarmato.
Non era stato forse lo stile fino ad allora scelto dal Padre?
Non era forse stata l’esperienza di Israele, quella di sperimentare l’amore di un Dio grande e misericordioso, pieno di attenzione e di premure?
Se non era bastato, se l’uomo continuamente oscillava tra quella e la visione di un Dio così meschino e simile agli uomini, non era forse per un difetto di comunicazione?
Ma ora, finalmente, lui era lì! A dire il Padre!
Il Padre aveva talmente amato il mondo da mandare il proprio figlio a dire agli uomini che Dio vuole la salvezza e quella soltanto!
Che fare, ora? Arrendersi? Lasciar perdere, sparire? Abbandonare l’uomo al suo destino?
Una scelta, l’ultima, assurda, paradossale, esiste: la sconfitta.
Lasciarsi andare, consegnarsi, sparire… forse servirà a far capire che parlava sul serio.
Forse.
Come esserne certi? È in gioco la libertà degli uomini, non quella di Dio.
Bisogna morire, come il chicco di frumento.
Scommessa ardita, rischio inaudito, follia.
Davanti alla morte donata, davanti ad un Dio morto e nudo, mostrato, osteso, l’uomo davvero capirà?
Uscirà dalle tenebre, finalmente?


Sì, Signore, ora possiamo dirtelo, rassicurarti.
Sì, Signore, davanti a quel gesto il nostro cuore si ferma, ha un sussulto.
Questa è la misura del tuo amore?
Questo è il tuo volto, Dio sconfitto?
Tu mi ami fino a questo punto?

Noi
E noi discepoli, sconcertati, meditiamo questa parola luminosa e inquietante: per vivere, spesso, dobbiamo affrontare una morte. E questo ci spaventa.
Non siamo convinti che la miglior vita possibile sia quella senza guai? Senza intoppi? Senza sofferenza? Non ci viene ripetuto nelle mille immagini ingannevoli del quotidiano?
Il Signore ci dice che se vogliamo avanzare, rinascere, dobbiamo prepararci a morire a qualcosa.
È vero: lo sposo “muore” al suo egoismo per dedicarsi alla sposa. La sposa “muore” sacrificando la sua libertà per dare alla luce un figlio. Il volontario “muore” dedicando il suo tempo libero all’ammalato. Eppure tutti questi gesti danno luce ad una dimensione nuova, all’amore, ad una nuova creatura, alla solidarietà.
L’immagine del parto dice bene questa logica intessuta nelle cose: le doglie sono necessarie per dare alla luce una nuova creatura.
Ma, è certo, accettare questo discorso è difficile. Quando stiamo soffrendo non pensiamo alla vita che ne scaturirà. Quando stiamo male facciamo fatica ad intravedere il dopo. Quando siamo, come il chicco, al buio e al freddo della terra, non pensiamo a un Dio misericordioso, ma a un despota che permette la nostra sofferenza.

Gesù ha paura di questo momento, quanto è umano questo Dio impaurito!
Eppure ne capisce il disegno, la necessità, e accetta di morire.
Per amore, solo per amore.
Abbiamo il coraggio di morire a noi stessi, come ha fatto il Signore Gesù.
Di imparare ad obbedire alla realtà, per portare frutto.
Allora, e solo allora, nel nostro cammino di desertificazione, di essenzialità, deposti i pesi, scopriremo quanto Dio ci ama, e vedremo, oggi, nel cuore, con lo sguardo della fede, il Signore Gesù.

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la IV settimana di Quaresima)

SABATO (Gv 7,40-53)
Segno di contraddizione – Di fronte a Gesù gli uomini assumono posizioni diametralmente opposte. La gente discute e si divide. Ancora oggi, il Cristo continua ad attirare discepoli entusiasti e nemici accaniti che difendono contro di Lui la propria sicurezza e il proprio benessere. --- Cfr. Messalino ed. EDB).
Gesù prese su di sé le sorti del profeta rifiutato e quelle di tutti gli esclusi e gli abbandonati. Egli ha preso su di sé le sorti delle nazioni perseguitate per aver combattuto per la libertà, le sorti dei militanti condannati per la loro fede, sia che essi siano perseguitati da un potere laico ateo, sia dai seguaci di un’altra confessione. Il Vangelo di oggi ci mostra le poche persone che hanno tentato di difendere Gesù. Le guardie del tempio non hanno voluto arrestarlo, e Nicodemo l’ha timidamente sostenuto, argomentando che non si può condannare qualcuno senza aver prima ascoltato il suo difensore. Nel mondo di oggi, anche noi cerchiamo timidamente di prendere le difese di quelli che sono ingiustamente perseguitati. A volte è l’esercito che rifiuta di sparare sui civili, come è successo di recente nei paesi baltici. A volte è nell’arena internazionale che viene negato - assai timidamente ad una grande potenza il diritto di opprimere un popolo. Il dramma del giudizio subito da Cristo, seguito dal suo arresto e dalla sua crocifissione, come riporta il Vangelo di oggi, perdura ancora nella storia umana. Ogni uomo ha, in questo dramma, un certo ruolo, analogo ai ruoli evocati nel Vangelo. Gesù è venuto da Dio per vincere il male per mezzo dell’amore. La sua vittoria si è compiuta sulla croce. La sua vittoria non cessa di compiersi in noi, passando per la croce. Dobbiamo osservare la scena del mondo attuale alla luce del processo a Gesù e del dibattito suscitato dalla sua persona, quando viveva e compiva la sua missione in Palestina. Siamo capaci di percepire Gesù e il suo insegnamento nella Chiesa? Non rifiutiamo davvero nessuno, e non giudichiamo nessuno ingiustamente? Siamo capaci di vedere Gesù nei poveri e nelle vittime della terra? Chi è ognuno di noi oggi nel dramma dei profeti contemporanei rifiutati, e nel dramma odierno di Gesù Cristo e del suo Vangelo? Gesù? Nicodemo? Le guardie del tempio? - - tratto da "La Chiesa .it".

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la IV settimana di Quaresima)

VENERDI’ (Gv 7,1-2.10.25-30
Complotto contro Gesù, l’inviato di Dio – Più Gesù afferma chiaramente l’origine divina della propria missione, più suscita l’astio dei suoi nemici. La gente semplice, invece, si chiede chi egli sia, ma non ha la forza di riconoscere in lui il Cristo, l’inviato di Dio. Anzi, molti di loro faranno parte della folla che domanderà a gran voce la sua morte. .--- Cfr. Messalino ed. EDB.
Il Vangelo di oggi ci presenta il dramma di Gesù abbandonato dai capi della sua nazione. Gesù deve nascondersi, e il popolo non sa cosa pensare di lui, perché i capi religiosi della nazione non credono nella sua dignità di Messia. I farisei non credono in Gesù, perché lo giudicano secondo i principi formali del sabato e delle abluzioni rituali, e non penetrano in profondità nel suo insegnamento. I sacerdoti rifiutano Gesù per motivi politici. Che cosa ne è di lui oggi, fra di noi? Le parole di Gesù che attestano la sua identità ed invitano a credere, non si scontrano oggi nel nostro mondo con simili difficoltà di credibilità? Quali sono le cause della debolezza della nostra fede? Sicuramente le forme attuali di pensiero sembrano diverse da quelle del tempo di Gesù, e non si tratta sempre di formalismo religioso. È a volte scientifico, a volte legato ai costumi. Anche le considerazioni politiche si formano in modo diverso pur essendo comunque essenziali. I marxisti non sono i soli ad aver rifiutato la fede nel nome di una teoria politica. Le società del consumo, nella corsa al benessere materiale, fanno in pratica la stessa cosa, anche se non la teorizzano. E noi, siamo capaci di credere in modo da assumere la responsabilità del dramma di Gesù e, con lui, di esporci al rifiuto, al giudizio degli altri, o ancora di lasciarci implicare in qualche conflitto con chi ci sta intorno? Si può trattare semplicemente di un conflitto all’interno della Chiesa a motivo del formalismo morale, o un conflitto all’interno di una società laica nella difesa del bene, del prossimo e dei suoi diritti alla vita e a una giustizia equa. Che cosa abbiamo fatto per introdurre nella vita sociale e politica dei nostri paesi, che conoscono il Vangelo da secoli, i principi dell’amore del prossimo? Non meritiamo forse il rimprovero di Gesù, perché non osserviamo la legge divina, perché uccidiamo e nuociamo agli altri? - tratto da "La Chiesa .it".

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la IV settimana di Quaresima)

GIOVEDI’ (Gv 5,31-47)
Gesù, l’inviato e testimone del Padre. – Gesù è il figlio prediletto e il testimone fedele, attraverso cui è possibile giungere al Padre: egli, infatti, è “sempre vivo per intercedere a nostro favore” (Eb 7,25). Chiudersi al Cristo significa chiudere con Dio. Invano i giudei si appellano a Mosè, dal momento che quest’ultimo, non aveva altra missione, che quella di preparare la venuta di Gesù.--- Cfr. Messalino ed. EDB).
Commento tratto da "La Chiesa .it":
La lettura dell’Antico Testamento ci mette in guardia dalla tentazione di cercare il vitello d’oro, la divinità visibile e palpabile fatta su misura per noi. La lettura del Vangelo secondo Giovanni esige che noi crediamo in Gesù Cristo. Il fondamento della nostra fede è la testimonianza dell’Antico e del Nuovo Testamento. Testimonianza della verità che non si può apprendere né provare scientificamente, e neppure codificare in una legge. Gli Ebrei del tempo di Gesù avevano l’Antico Testamento, ma non capivano le parole di Mosè su Gesù. Avevano davanti ai loro occhi i miracoli compiuti dal profeta di Nazaret, ma i miracoli possono essere interpretati in molti modi. Bisogna credere per capire il loro contenuto. Gesù desiderava convincerli per dar loro la vita. Molti credettero in lui, ma gli eruditi e gli anziani lo rifiutarono. E noi, come interpretiamo il Vangelo? Crediamo veramente alla testimonianza di Dio Padre in Gesù di Nazaret? Crediamo che egli è il Verbo di Dio, il Messia atteso? Non abbiamo mai visto Dio, ma abbiamo le parole di Gesù Cristo. Esiste il Verbo di Dio in noi? E noi, esistiamo in Gesù Cristo? Forse ci si può rimproverare di non aver ricevuto Gesù e i suoi messaggeri, mentre riceviamo qualunque passante che arriva con la sua teoria (teoria a volte strana) perché è interessante, alla moda, esotica, o perché lo scetticismo che essa comporta si presta all’edificazione della nostra gloria...? A volte semplicemente ci vergogniamo di credere e di cercare di incontrare Dio nell’antico cristianesimo. Preghiamo per il dono della fede, della speranza e della carità, per vedere in Gesù il Figlio di Dio e per essere a nostra volta trasformati in figli di Dio, divinizzati nell’unione con il Figlio Unigenito.

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la IV settimana di Quaresima)

MERCOLEDI’ - ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE (Lc 1,26-38)
Oggi rileggiamo l'incontro di questo misterioso e garbato angelo che parla alla pari con questa ragazzina di Nazareth e scopriamo la grandezza del pensiero di Dio. Perché in quella minuscola casa di questo minuscolo paese addossato ad un declivio roccioso, da cui la gente aveva ricavato nelle grotte naturali delle abitazioni fresche ed asciutte, avviene l'assurdo di Dio. Protagonisti una quindicenne illetterata di un paese sottomesso a schiavitù, ai confini del mondo. Niente satellite, né diretta televisiva, né network spettacolari, nella minuscola Nazareth che diventa ombelico del mondo, centro assoluto della storia. Poiché Dio, stanco di essere incompreso decide di venire a raccontarsi, poiché la lunga storia di amicizia e affetto col popolo di Israele non è stata sufficiente per spiegarsi, Dio sceglie di farsi uomo, parole, lacrime, sorriso, tono di voce, sudore e necessita di un corpo, abbisogna di una madre. Non la moglie dell'imperatore, o il premio Nobel per la medicina, non una donna manager dinamica dei nostri giorni, macché, la piccola adolescente Maryam Dio sceglie e a lei chiede di diventare la porta d'ingresso per Dio nel mondo, tutto lì. Dio sceglie Nazareth e, a Nazareth, sceglie Maria. E a Nazareth, per trent'anni, Dio si nasconde nella quotidianità più semplice: bambino, adolescente, giovane falegname, come suo padre. Quanto parla questo assordante silenzio! Quanto dice di Dio questa sua scelta! A noi che sempre cerchiamo il plauso e la visibilità, l'efficienza e la produttività, Dio dice che la sua logica è diversa. Scegliere Nazareth, un paese occupato dall'Impero romano, ai confini della storia, ai margini della geografia del tempo, in un'epoca sprovvista di mezzi di comunicazioni, ci rivela ancora una volta la logica di Dio. Animo, fratelli! Quando pensiamo di avere sbagliato la vita, di non avere avuto sufficienti opportunità, quando non siamo soddisfatti dei nostri risultati o siamo travolti dall'assordante incitamento di chi ci grida: "devi riuscire", pensiamo a Nazareth, a questo modo di operare che ci sbalordisce e ci incanta. (Don Paolo Curtaz)

martedì 24 marzo 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la IV settimana di Quaresima)

MARTEDI’ (Gv 5,1-3.5-16)
Gesù, fonte di guarigione e di purificazione - Gesù entra in uno stabilimento termale dove si accalca una folla di malati, in un’atmosfera da corte dei miracoli. Ne guarisce soltanto uno: un uomo che da solo non è in grado di fare quei pochi passi che lo separano dalla guarigione, e ne è ben consapevole. La presenza di Gesù rende inutile la fonte miracolosa, ormai è la sua persona che porta la salvezza. --- Cfr. Messalino ed. EDB) – Un uomo malato, solo sul letto della sua sofferenza tra “Un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici” spera di potere entrare in piscina, tutte le volte che prova a farlo, viene travolto dagli altri. La speranza, non l’ abbandona e rimane ancora lì in attesa di riuscire ad immergersi. Proprio su di Lui Gesù volge lo sguardo e gli chiede se vuole guarire ed ovviamente risponde di sì. Gli è comandato di alzarsi, prendere il suo lettuccio ed andarsene ed avviene come detto da Gesù. La perseveranza nella speranza salva l’uomo dalla sofferenza, lo guarisce. L’attesa paziente, la consapevolezza che è solo, svantaggiato rispetto agli altri, lo lascia nella sua pacifica attesa, un’attesa che capta l’attenzione di Gesù ed è condotto alla salvezza per una via preferenziale. Il messaggio è rivolto a chi pur non essendo circondato da parenti, amici, “barellieri” ottiene in premio il sollievo nella sofferenza. Egli non è solo perché il Signore e Creatore, l’accompagna e con la sua costante presenza nella sua vita interviene palesemente in tutte le sue necessità. Un messaggio forte ed incisivo tanto da stravolgere gli schemi dei farisei, perché tutto questo avviene di sabato, un giorno in cui è severamente proibito lavorare, ma Gesù rompe ancora questi schemi teorici con la forza del Suo Grande Amore.

lunedì 23 marzo 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la IV settimana di Quaresima)

LUNEDI’ (Gv 4,43-54)
Gesù fa vivere ---Come i profeti avevano annunciato la salvezza portata da Gesù è vita. Ma viene donata soltanto a quelli che ripongono nel Cristo la propria fiducia e si affidano a lui. Il funzionario del re che il brano evangelico ci presenta è un modello per i credenti. Grazie alla fede del padre il figlio ottiene la vita. Cfr. Messalino ed. EDB) - ->> “Se non vedete segni e prodigi, voi non credete”. Ma il funzionario del re insistette: “Signore, scendi prima che il mio bambino muoia”. Gesù aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria, ma il ritorno in Galilea è un vero trionfo, ormai si erano diffuse le notizie di ciò che aveva fatto. E’ spontanea la considerazione sull’incapacità dell’uomo a fidarsi se non dopo avere assunto la certezza, attraverso fatti realmente accaduti dell’affidabilità dell’altro. Il funzionario crede alla parola di Gesù, si abbandona a Lui totalmente e con insistenza chiede la guarigione del figlio. Ne riceve il premio: il figlio è guarito nello stesso momento in cui Gesù accoglie la richiesta. Gesù ci chiede di avere fede anche pochissima come un granellino di senape, questo è lo stato d’animo richiesto per essere un vero Cristiano!

domenica 22 marzo 2009

Omelia della IV Domenica di Quaresima

OMELIA DELLA IV DOMENICA DI QUARESIMA
di Don Paolo Curtaz

Primavere
Finalmente.Te ne accorgi a metà mattinata. Giù, in fondo valle, i prati stanno prepotentemente rinverdendo, mentre piccole colonne di fumo segnalano che i contadini sono all’opera nelle vigne, a potare, o nei pochi prati a disposizione. La temperatura, anche in città, al mattino è rigida, qualche grado sopra lo zero. Salendo, in macchina, assisto ad uno degli spettacoli più sorprendenti della natura: parto col verde e gli alberi che fremono per esplodere di primavera, a cinque minuti di strada trovo tutto ingrigito e la neve nelle zone d’ombra, e, a dieci minuti, rieccomi nella neve. Posata, ai 1500 metri, ce n’è ancora un metro e trenta.Ma la primavera sta arrivando anche quassù.Il sole scalda, le strade sono striate di piccoli rivoli d’acqua della neve che scioglie. Ancora quindici giorni, al massimo, poi, quando durante la notte, la temperatura resterà sopra lo zero, vincerà il calore.La neve resterà ancora a lungo, fino a metà aprile, o agli inizi di maggio, in quota, e sarà il paradiso per gli sci alpinisti (prudenti).Mi lascio andare, con gli occhiali da sole che non riescono a fermare la luce del sole, sento il potente riverbero della luce sugli occhi che brucia la pelle del viso e fa sudare. Il mio corpo rinasce. Mi beo.Due camosci, sfiniti, brucano della durissima erba autunnale rinsecchita. Cibo, finalmente.
Battaglie
Non a caso la Pasqua è posta in primavera.Dalle mie parti, la battaglia fra inverno e primavera, fra gelo e tepore, fra tenebra e luce, è ancora più evidente. È stupendo potere godere della neve e dello sci. Ma, alla lunga, abbiamo bisogno di sole e di caldo, di giornate lunghe e di alberi in fiore.La stessa lotta fra la tenebra e la luce avviene nei nostri cuori.Ma senza automatismi, come accade per le stagioni: ci sono persone che vivono tutta la propria vita nell’inverno dell’egoismo e della violenza, senza mai conoscere la gioia della primavera interiore.Gesù parla ad un combattuto Nicodemo che lo raggiunge durante la notte, per non farsi vedere. Ha una reputazione da difendere, che diamine!, ma è curioso. Lui è un credente, un membro del Sinedrio, sa bene di Dio e delle sue leggi. Ma cerca anch’egli la primavera. Come molti degli adulti che incontro, politicamente corretti, che si dicono cristiani, ma a patto di non mettere mai in discussione il loro stile di vita.Intendiamoci: decenni di sottolineature del senso del dovere e del peccato hanno ingenerato, in molti, un’orribile idea di Dio, come se fosse una specie di giudice ficcanaso pronto a chiedere conto di ogni nostra marachella.Se l’idea di Dio come una specie di Moloch assetato di giustizia, pronto a fartela a pagare, è fuorviante, lo è altrettanto l’idea contemporanea che il peccato sia un’invenzione dei preti.Siamo liberi e, perciò, possiamo sbagliare.Riconoscerlo, senza autolesionismo, ma da adulti, è un buon punto di partenza per convertirsi.
Ciò che Dio vuole
Dio non vuole una classe disciplinata di bravi ragazzi che obbediscono sorridendo. Dio vuole persone autentiche che sappiano mettersi in gioco, che accettino di crescere (non sempre questo significa migliorare!), che imparino a distinguere le proprie ombre, da adulti.Gesù è chiarissimo: Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Dio vuole la salvezza, cioè la pienezza di vita per ogni uomo. E, per farlo, per manifestare la serietà del proprio amore, Gesù già parla del dono di sé totale, del mistero della croce. La croce che, come dice san Massimo il confessore, è il giudizio del giudizio.Davanti alla possibilità di essere dei capolavori o delle fotocopie sbiadite, l’uomo è libero di scegliere. E sono le nostre scelte a giudicarci, possiamo vivere in un prolungato inverno, ostinandoci a dire che non esiste nessuna bella stagione e che, al massimo, noi sappiamo vestirci meglio degli altri.Quando tutto è grigio è difficile vedere l’ombra dietro di sé. Ma vivere una vita grigia è una non scelta di vita.
Luce e tenebre
Il male si presenta sempre come bene, nessuno berrebbe ad una bottiglia etichettata come veleno! Il male è suadente, convincente, minimizza. E il male, oggi, ha assunto forme nuove che i credenti faticano a considerare peccato: l’arroganza in ufficio, la presunzione, l’ambizione sfrenata, l’esteriorità eccessiva, un egoismo puerile coltivato e mostrato con ingenuità, un’imperante pornocrazia che usa le persone, una dottrina di mercato cinica e spregiudicata, la mancanza di rispetto delle diversità e della natura… altro che scordarsi le preghiere del mattino e della sera! Abbiamo urgentemente bisogno di ridire cosa è luce e cosa è tenebra, in un mondo in cui si preferisce il neon…E il vuoto ridondante del nostro tempo e dei suoi modelli contagia tutti: dalla classe politica a quella intellettuale, dalla massaia al supermercato al ragazzino a scuola… Come sarebbe bello avere uno scatto di (sano) orgoglio per tornare a ricercare i valori da sempre condivisi dalle culture e a cui il cristianesimo ha saputo dare così tanto!Gesù, però, è ottimista: il problema non è cedere alle tenebre, cosa che succede a tutti, ma amare le tenebre, per evitare di mettersi in discussione. E aggiunge: abbracciare la luce significa fare la verità, iniziare riconoscendo che siamo bisognosi di salvezza.È una rinascita dall’alto quella che Gesù chiede di compiere a Nicodemo, e a noi.Ma non abbiamo da temere: colui che ci propone questo percorso di conversione desidera la nostra pienezza, la nostra gioia, il nostro bene.

IV Settimana di Quaresima ( 22 / 28 mar.)

IV SETTIMANA DI QUARESIMA (ANNO B)

Domenica - LAETARE ( Gv 3,14-21)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Lunedì (Gv 4,43-54)
In quel tempo, Gesù partì dalla Samaria per andare in Galilea. Ma egli stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria. Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa. Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafarnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire. Gesù gli disse: “Se non vedete segni e prodigi, voi non credete”. Ma il funzionario del re insistette: “Signore, scendi prima che il mio bambino muoia”. Gesù gli risponde: “Va’, tuo figlio vive”. Quell’uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: “Tuo figlio vive!”. S’informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: “Ieri, un’ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato”. Il padre riconobbe che proprio in quell’ora Gesù gli aveva detto: “Tuo figlio vive”, e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.

Martedì (Gv 5,1-3.5-16)
Era un giorno di festa per i Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Vi è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzata, con cinque portici, sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo disteso e sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: “Vuoi guarire?”. Gli rispose il malato: “Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me”. Gesù gli disse: “Àlzati, prendi il tuo lettuccio e cammina”. E sull’istante quell’uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo guarito: “È sabato e non ti è lecito prender su il tuo lettuccio”. Ma egli rispose loro: “Colui che mi ha guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina”. Gli chiesero allora: “Chi è stato a dirti: Prendi il tuo lettuccio e cammina?”. Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, essendoci folla in quel luogo. Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: “Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio”. Quell’uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato.

Mercoledì - ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE (Lc 1,26-38)
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. Allora Maria disse all’angelo: “Come è possibile? Non conosco uomo”. Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio”. Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. E l’angelo partì da lei.

Giovedì (Gv 5,31-47)
In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: “Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera; ma c’è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace. Voi avete inviato messaggeri da Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché possiate salvarvi. Egli era una lampada che arde e risplende, e voi avete voluto solo per un momento rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto, e non avete la sua parola che dimora in voi, perché non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza. Ma voi non volete venire a me per avere la vita. Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma io vi conosco e so che non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste. E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo? Non crediate che sia io ad accusarvi davanti al Padre; c’è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza. Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?”.

Venerdì – (Gv 7,1-2.10.25-30)
In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più andare per la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo. Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, detta delle Capanne. Andati i suoi fratelli alla festa, vi andò anche lui; non apertamente però, di nascosto. Alcuni di Gerusalemme dicevano: “Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia”. Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: “Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io però lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato”. Allora cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora.
Sabato (Gv 7,40-53)
In quel tempo, all’udire le parole di Gesù, alcuni fra la gente dicevano: “Questi è davvero il profeta!”. Altri dicevano: “Questi è il Cristo!”. Altri invece dicevano: “Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice forse la Scrittura che il Cristo verrà dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide?”. E nacque dissenso tra la gente riguardo a lui. Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno gli mise le mani addosso. Le guardie tornarono quindi dai sommi sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: “Perché non lo avete condotto?”. Risposero le guardie: “Mai un uomo ha parlato come parla quest’uomo!”. Ma i farisei replicarono loro: “Forse vi siete lasciati ingannare anche voi? Forse gli ha creduto qualcuno fra i capi, o fra i farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!”. Disse allora Nicodemo, uno di loro, che era venuto precedentemente da Gesù: “La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?”. Gli risposero: “Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea”. E tornarono ciascuno a casa sua.

sabato 21 marzo 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la III settimana di Quaresima)

SABATO (Lc 18,9-14)
Dio vuole il pentimento, non l’osservanza legalistica di una serie di precetti – Dio non può giustificare chi si crede giusto perché, per ricevere la grazia, bisogna riconoscere di averne bisogno, cioè confessarsi peccatori. E’ un avvertimento terribile, soprattutto per quei <> che noi siamo convinti di essere. (cfr. Messalino ed. EDB) - -
Siamo in pieno cammino Quaresimale e Gesù richiama la nostra attenzione sulla conversione, sulla purificazione, sulla “rimozione” dei peccati commessi, sul pentimento nella piena certezza dell’efficacia della Divina Misericordia. I due uomini di cui parla, un fariseo ed un pubblicano si presentano nel tempio con due atteggiamenti diversi. Il primo presenta a Dio tutto il suo operato, ovvero una lista di tutti i precetti osservati volendo dimostrare come si suole dire “a conti fatti” di essere nella giusta posizione: “Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri……" elogiandosi per la sua rettitudine nei confronti dell’osservanza della “legge”. Il secondo non è un osservante della legge e “fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore."! Si presenta a Dio del tutto consapevole di essere peccatore, bisognoso del Suo perdono per i peccati commessi, umilmente convinto di avere bisogno della “pietà di Dio”. Questa seconda persona è quella che torna a casa giustificata, perché ha mostrato a cuore aperto di essere bisognoso del perdono, della pietà, della misericordia del Padre Celeste, facendosi “piccolo ed umile”. Con il cuore in mano parla al Suo creatore, chiede la pace interiore implorando il perdono. Il Fariseo non fa che elogiare se stesso e la sua capacità di osservare i precetti, di dare le decime di quanto posseduto, insomma tutto in regola ed il suo cuore, qual è il suo stato di salute interiore? Si reca nel Tempio per compiere un altro atto formale tutto a modo suo, ancora una volta il suo cuore, la sua interiorità rimangono esclusi dal Suo dialogo con Dio. E’ certamente fuori rotta!

venerdì 20 marzo 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la VI settimana)

VENERDI’ (Mc 12,28-34)
“Amerai il Signore Dio tuo” – Il primo Comandamento, che nessun altro può sostituire, è quello dell’Amore di Dio. Bisogna dargli un’importanza prioritaria se si vuole non essere lontani dal Regno. L’Amore del prossimo, anch’esso essenziale nel Vangelo si innesta sull’Amore di Dio da cui trae il proprio dinamismo: Si comprende allora quanto si perde e lo si volesse separare dalla radice. (cfr. Messalino ed. EDB) - -
“Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Questa è la risposta che dà il Signore ad uno degli Scribi che gli chiede: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?” Il primo che è contemporaneamente la sintesi di tutti gli altri, l’epicentro del rapporto che ciascuna creatura deve avere nei confronti del Suo Creatore. Si parla di un Amore che richiama all’attenzione: Il cuore, la mente, tutta la forza dell’uomo che vuole Amare Dio. Un Amore che coinvolge tutta la persona, un amore che apre interamente tutte le sue “porte” e trae dall’Amore Vero che viene da Dio tutta la forza per Amare il prossimo: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Un Amore che non va “trattenuto egoisticamente” ma che transita da tutti gli uomini che si dispongono a riceverlo in tutta la pienezza e in qualsiasi modo si manifesti per donarlo con totale generosità ai propri fratelli in Cristo, a tutti il Creato, in tutte le sue molteplici espressioni. Questa è la meravigliosa proposta del Vangelo dell’Amore: vivere per lasciare fluire l’immensità dell’Amore di Dio, per farsi transito di questa immensità per i fratelli. Non dobbiamo avere paura di Amare, di perdere la “grande forza”, essa non è proprietà privata ma possesso di tutti e di
tutto ciò che esiste ed è così grande che pur donando copiosamente aumenterà sempre.

giovedì 19 marzo 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la III settimana di Quaresima)

GIOVEDI' (Mt 1,16.18-21.24) oppure (Lc 2,41-51) - SAN GIUSEPPPE
Uomo giusto: tutto disponibilità e obbedienza
Omelia dei Monaci Benedettini Silvestrini
l papa Paolo VI, il 19 marzo 1965, nell’omelia rivolta ai fedeli durante la sua visita alla parrocchia di San Giuseppe al Trionfale a Roma, parlando ai presenti si espresse così: “Che cosa di più umile, di più semplice, di più silenzioso, di più nascosto ci poteva offrire il Vangelo da mettere accanto a Maria e Gesù?” Troviamo che la figura di san Giuseppe è delineata dai tratti della modestia, la più popolare, la più comune, la più - si direbbe, usando il metro dei valori umani - insignificante, giacché non troviamo in lui alcun aspetto che ci possa dare ragione della reale grandezza e della straordinaria missione che la provvidenza gli ha affidato. Guardandolo nello specchio del racconto evangelico, san Giuseppe si presenta con i tratti più salienti dell’estrema umiltà: un modesto, un povero, un piccolo, un semplice operaio che nulla ha di speciale, che non lascia, nel Vangelo stesso, nessuno accento della sua voce. Oggi la Santa Chiesa ci invita a contemplare questa figura di sposo della Vergine Maria. Uno invito che ci può aiutare molto ad accogliere alcuni doni, virtù e qualità giuste per la nostra missione che ci è stata affidata da Dio e dalla Chiesa. L’evangelista Matteo nel tessere l’elogio di Giuseppe, lo esaurisce sbrigativamente con una frase: “Giuseppe era giusto”, perché si è impegnato ad eseguire la volontà di Dio; non ha mai avanzato la pretesa di rivendicare uno scampo di autonomia personale per attendere a qualcosa di suo. Davvero era un’anima di preghiera, che non si stancava mai di contemplare con meraviglie il grande mistero che viveva ogni giorno nel suo umile lavoro. Davvero Dio si nasconde nelle “cose” piccole del mondo per distogliere l’uomo dalla tentazione della grandezza. Gli evangelisti ci dicono che Maria: “custodiva tutte queste cose nel suo cuore”: Indubbiamente san Giuseppe stava nella stessa dimensione. L’evangelista Matteo ci presenta Giuseppe, “uomo giusto” che amava e stimava Maria, ma che poi si trovò dinanzi a una situazione molto dolorosa e difficile, che non riusciva, non poteva capire. D’altra parte, vedeva in Maria il segno della maternità, l’attesa di un figlio. Dunque, ha la consapevolezza di trovarsi a tu per tu con un evento misterioso umanamente inspiegabile. L’uomo giusto si abbandonò fiduciosamente al mistero di Dio, e manifestò la sua totale disponibilità. La lettera ai Romani (Rm 4,13.16-18.22; parte della liturgia odierna) è sulla linea del Vangelo. Il Vangelo dice che Giuseppe era un uomo “giusto”, cioè cercava sinceramente la volontà di Dio, non il proprio interesse; la lettera ai Romani, osserva che la giustizia viene dalla fede. Chiediamo la stessa fede, la stessa fiducia, la stessa docilità, la stessa generosità e purezza di amore, per noi e per tutti coloro che hanno responsabilità nella Chiesa, affinché le meraviglie di Dio si attuino anche nel nostro tempo.

mercoledì 18 marzo 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la III settimana di Quaresima)

MERCOLEDI’ (Mt 5,17-19)
La fedeltà ai comandamenti di Dio – Il legalismo delle generazioni passate ci ha fatto odiare qualsiasi legge, portandoci spesso ad opporre la legge al Vangelo. Tuttavia questo è soltanto un aspetto dell’insegnamento biblico. Situata anche nel modo giusto, anche l’obbedienza a un precetto può essere un modo di obbedire a Dio (cfr. Messalino ed. EDB) -
Un chiarimento necessario per illuminare definitivamente le nostre menti: “Non son venuto per abolire, ma per dare compimento” dice Gesù. Egli è venuto per dare “compimento”
alla legge degli antichi Padri, alla legge dettata direttamente a Mosè da Dio Padre ed ispirata ai profeti, il cui annuncio si realizza pienamente nella Sua venuta nella Sua Passione e Morte in Croce.: “Questo, infatti, avvenne perché si adempisse la Scrittura”, come leggiamo nel Vangelo di Giovanni, nel racconto degli ultimi momenti dell’uomo Gesù.
La Sacra Scrittura, infatti, che trova la Sua sublime espressione nel Vangelo dell’Amore, rimane per l’uomo l’unica Via, Verità, Vita, l’unica LUCE, che illumina il cammino dell’uomo, lungo tutto l’itinerario terreno.

martedì 17 marzo 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la III settimana di Quaresima)

MARTEDI’ (Mt 18,21-35)
Il perdono - La difficoltà che proviamo a perdonare deriva da un senso di pretesa giustizia: ci sembra ingiusto passare la spugna su un’offesa che è stata fatta, e che esige riparazione. Tuttavia, di fronte il perdono che Dio continua a concederci, la nostra esigenza di giustizia non può che apparire vana. (cfr. Messalino ed. EDB) - -
In pieno clima Quaresimale, clima di conversione, di ricerca di pace interiore, non poteva essere tralasciato uno dei temi centrali del cambiamento di vita che il cristiano deve cercare di operare in sé per avvicinarsi a Dio Padre: il tema del perdono. Un perdono che cerchiamo, nel desiderio di metterci in “pace con Dio” nella confessione e nella Comunione, sacramenti che ci vengono richiesti almeno una volta l’anno, a Pasqua, a completamento di un percorso di purificazione. Troviamo ascolto nell’infinita Misericordia del Padre, troviamo conferma nelle parole pronunciate dal Sacerdote: “Vai in pace il Signore ha perdonato i tuoi peccati". Riteniamo così di avere assolto il nostro compito ed arriviamo anche al punto di sentirci bene in pace con Dio e con noi stessi. In realtà tutto è andato bene abbiamo messo nelle mani del Sacerdote, che le ha presentate al Padre, tute le nostre mancanze a seguito di un esame di coscienza dettagliato. Tutto quello che in realtà abbiamo commesso l’abbiamo dichiarato ed abbiamo ricevuto l’assoluzione. La pagina del Vangelo di oggi ci propone una domanda molto forte: hai anche tu perdonato chi in qualsiasi forma ti ha offeso? La risposta è contenuta nella parabola del servo malvagio! Attenzione allora esaminiamoci e chiediamo il perdono al Padre Celeste per i nostri peccati, ma parimenti facciamo nei confronti di chi ha mancato verso di noi. “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”. E’ più difficile, ma fortemente necessario per la nostra Salvezza se vogliamo veramente ricevere la grazia della Divina Misericordia. Cominciamo a camminare anche lungo questi sentieri, anche con passi lenti, ma nella direzione dovuta. Il Padre sicuramente saprà aspettare. Cerchiamo la forza nel perdono che abbiamo ricevuto e nella preghiera costante a Cristo Gesù per intercessione di Maria SS
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domenica 15 marzo 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la III settimana di Quaresima)

LUNEDI’ (Lc 4,24-30)
La salvezza offerta a tutti – Il nazionalismo giudaico pretenderebbe di limitare i doni di Dio a un solo popolo. Gesù rifiuta questo modo di pensare, fondandosi su alcuni esempi famosi degli antichi profeti, e in particolare su quello di Eliseo che guarisce uno straniero, Naaman. La dimostrazione è troppo stringente. I Suoi concittadini, che sentono minacciato il proprio particolarismo, rispondono con una violenza, che preannuncia la passione. cfr. Messalino ed. EDB) - -
“In verità vi dico: nessun profeta è bene accetto in patria.” Gesù giunto a Nazaret, parlando con il Suo popolo con tono fermo e deciso, rievoca episodi degli antichi profeti, che non sono graditi a quella parte di uditorio colto e “detentore” della verità. Ormai i Sacerdoti e gli scribi, non hanno più elementi per cercare di difendere i loro schemi, le loro convinzioni ben radicate, Gesù ha completato la dimostrazione della Sua netta superiorità, nessuna domanda è riuscita a fermarlo, per tale motivo è diventato troppo “scomodo” per cui non rimane che ucciderlo. La Sua Passione, il grandioso inimmaginabile epilogo è ormai vicino, a poca distanza anche il glorioso ritorno di Dio-uomo fra gli uomini, gloriosamente risuscitato. Il brano interroga tutti i cristiani impegnati nel cammino di purificazione, dettato dal periodo Quaresimale e ci chiede di fermarci per una verifica sul grado di conversione finora raggiunto. Certo rimane tanto da fare e ne rimarrà sempre, non scoraggiamoci, il grande sforzo che ci viene chiesto e di rafforzare sempre più la nostra volontà. Questo è ciò di cui dobbiamo maggiormente rispondere a Dio Padre, per il resto ricordiamoci della Divina Misericordia e dell’immenso perdono di un Dio Padre, che ama infinitamente i suoi figli.

Omelia della III Domenica di Quaresima

I mercenari nella casa di Dio
Dei
Monaci Benedettini Silvestrini

È istintivo nell’uomo il desiderio di “vedere” Dio. La nostalgia della casa paterna non si estingue neanche quando viene colpevolmente abbandonata, anzi la lontananza spesso l’accresce. Per questo gli uomini di ogni tempo e di ogni religione hanno cercato di sentire sempre più viva la presenza della divinità, identificandola in diversi modi e collocandola in luoghi particolari, dove poter esprimere meglio i propri atti di culto. Il tempio, in modo particolare quello di Gerusalemme, è un culmine ed un approdo; viene realizzato per volere divino, che quasi ne diventa l’artefice e l’ architetto. Lì stabilisce la dimora con il suo popolo e per questo assume una sacralità ed una inviolabilità riferite alla stessa persona di Dio. “La mia casa è casa di preghiera” e come tale va usata e rispettata. I credenti percepiscono di fatto quella misteriosa presenza e vedono in quelle mura il segno visibile della propria fede, della propria appartenenza, della stessa identità religiosa. Scorgono giustamente nel tempio anche la patria ultima e celeste, il che ne accresce il fascino e il rispetto. Il Cristo più volte aveva fatto il suo ingresso in quel luogo sacro santificandolo ulteriormente con la sua presenza e giungerà ad identificare la sua persona di Figlio di Dio con il tempio stesso. Parlando della sua morte dirà: “Distruggete questo tempio e in tre giorni io lo riedificherò”. L’evangelista ci ricorda che egli parlava del tempio del suo corpo. Comprendiamo quindi lo sdegno che anima il Signore Gesù nel vedere profanato quel luogo, nel vederlo trasformato in una spelonca di ladri. Comprendiamo anche i gesti che compie nel rovesciare a terra quella merce e quel denaro e nel scacciare con la frusta i venditori. San Paolo ammonirà i primi cristiani dicendo loro: “Cercate le cose di lassù e non quelle della terra!”. Nei vecchi libri che dettavano le norme di comportamento, ora caduti purtroppo in disuso, si leggeva in un capitolo importante come comportarsi nell’entrare e nello stare in chiesa. Dovremmo rievocare quelle norme che riguardano in prima persona, lo stesso Signore e indirettamente anche il nostro prossimo. Essere maleducati con il nostro prossimo è già cosa grave e disdicevole, molto di più quando lo siamo con il nostro Signore. L’episodio ci offre anche una opportuna occasione per esaminarci sulle questue e su denaro che circola nelle nostre chiese.

III Settimana di Quaresima ( 15 -21 mar.) Anno B

Domenica (Gv 2,13-25)
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

Lunedì (Lc 4,24-30)
In quel tempo, giunto Gesù a Nazaret, disse al popolo radunato nella sinagoga: “In verità vi dico: nessun profeta è bene accetto in patria. Vi dico anche: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Zarepta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro”. All’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

Martedì (Mt 18,21-35)
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: “Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?”. E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette. A questo proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello”.

Mercoledì (Mt 5,17-19)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla legge neppure un iota o un segno senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli”.

Giovedì - San Giuseppe (Mt 1,16.18-21.24)
Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo. Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo. Parola del Signore.
Oppure: (Lc 2,41-51)
I genitori di Gesù si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l’usanza; ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”. Ed egli rispose: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Ma essi non compresero le sue parole. Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso.

Venerdì (Mc 12,28-34)
In quel tempo, si accostò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”. Gesù rispose: “Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi”. Allora lo scriba gli disse: “Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v’è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici”. Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: “Non sei lontano dal regno di Dio”. E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Sabato
In quel tempo, Gesù disse questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: “Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”.

sabato 14 marzo 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la II settimana di Quaresima)

SABATO (Lc 15,1-3.11-32)

In questa pagina del Vangelo di Luca domina in maniera esplicita l’Amore del padre, un amore profondo, illimitato, incondizionato, senza pregiudizi…. Un Amore che comprende, che non conosce rancori, un Amore Vero, che si fa dono continuo di sé in tutta la sua espressione. Un uomo ricco ha due figli di cui uno, stanco del lavoro svolto nella casa del padre, certo di potere realizzare i propri progetti a modo suo, con uno stile di vita completamente nuovo, secondo lui più idoneo alla sua ricchezza, chiede al padre la sua parte di beni. Il padre, lontano da ogni tipo di egoismo, dà la parte richiesta al figlio e lo lascia libero di andare per la sua strada, certamente soffrendo, ma con una sofferenza che si fa dono totale. L’altro figlio rimane nella casa paterna e silenziosamente continua la sua vita. Il primo lascia, quindi, la casa del padre e va lontano a vivere finalmente libero di fare della sua vita quello che vuole. Sperpera tutti gli averi e non avendo più di che mangiare è costretto a lavorare per soddisfare persino i bisogni essenziale del vivere quotidiano. Sperimenta che cosa significa lavorare per un estraneo, ne coglie tutte le difficoltà, la differenza dei due stili di vita, si pente amaramente, supera l’egoismo che ha alimentato la sua scelta e ritiene di dovere tornare a casa pienamente convinto dell’errore commesso, del dolore provocato al padre, del fallimento del suo “fai da te”, per chiedere con umiltà il perdono. Giunto alla casa del padre, trova un padre pronto ad andargli incontro, felice dl ritorno del figlio, che non esita a riconoscergli la sua identità di figlio e, dimentico di tutto, l’accoglie in casa, gli ridà tutta la dignità di figlio ed ordina ai servi di preparare una grande festa.
La reazione del fratello è immaginabile, egli coglie solo l’ingiustizia, che a suo parere si sta commettendo nei suoi confronti. Alle sue proteste risponde un uomo, che conosce che cos’è l’Amore, che non manca di apprezzare la scelta da lui fatta e della gioia costante donatagli restandogli accanto, invitandolo a riconoscere l’umiltà, il pentimento, il ritorno del fratello. Ecco il messaggio quaresimale che si evidenzia in tutta la sua pienezza: “Convertitevi e credete al Vangelo” ritorniamo al Padre, lo troveremo pronto ad accoglierci nella sua casa, rallegrando il suo cuore. Bisogna fare festa per ogni peccatore pentito, questo è l’Amore, quell’Amore vero che continua a stupire coloro che non lo conoscono e che farebbero bene a decidersi di farne esperienza.

venerdì 13 marzo 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la I settimana di Quaresima)

VENERDI’ (Mt 21,33-43.45) Commento tratto da “La Chiesa.it”
La parabola dei vignaioli assassini è indirizzata ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo. Ci fa comprendere una particolare sofferenza del cuore di Gesù, e al tempo stesso ci fa penetrare nel mistero della sua Chiesa. Gesù ha sofferto per tutti i nostri peccati, ma in particolar modo ha sofferto per essere stato ripudiato e infine ucciso dai pastori del popolo eletto. Quando consideriamo la storia della Chiesa e del mondo, vediamo che spesso gli uomini hanno veramente voglia di conservare l’eredità del cristianesimo: una nuova visione dell’uomo e della sua dignità personale, un senso della giustizia, della condivisione... Ma essi vogliono sopprimere l’Erede. Si accontentano di una spiritualità senza Dio! Durante questa Quaresima, chiediamo la grazia di attaccarci con fermezza non solo al messaggio, ma anche alla persona di Gesù, e che la nostra unione con lui sia il centro della nostra vita.

giovedì 12 marzo 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la II settimana di Quaresima)

GIOVEDI’ (Lc 16,19-31) tratto da “La Chiesa.it”
“Quant’è difficile, per coloro che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!” (Lc 18,24). Perciò è necessario, dice Gesù, un cambiamento radicale del nostro atteggiamento. È necessario liberarci di tutte le ricchezze che appesantiscono il nostro cuore, è necessario staccarsene, perché esse ci impediscono di vedere il povero che “giace alla nostra porta”. Chi tra noi oserebbe dire che non tiene a nessuna ricchezza? Siamo tutti assai preoccupati di noi stessi, del nostro agio, dei nostri interessi... La vera privazione, la più importante agli occhi di Dio, è quella che libera il nostro cuore dal suo egoismo e che lo apre agli altri. Il Vangelo ci dà modo di conquistare veri tesori che nulla può intaccare: mettendo al servizio dei poveri, con umiltà, tutto ciò che abbiamo in beni materiali, talento, potere, qualità. Allora, coloro che avremo soccorso verranno da questa terra in nostro aiuto: non solamente faranno scaturire ciò che vi è di migliore in noi, la gioia del dare, ma ci faranno ottenere per noi un posto nel regno di Dio, che non appartiene che ai poveri.

mercoledì 11 marzo 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la II settimana di Quaresima)

MERCOLEDI’ (Mt 20,17-28)
Gesù stupisce ancora i suoi dodici discepoli a Lui più vicini, anticipando gli ultimi avvenimenti della Sua vita terrena, ormai prossimi. Saranno momenti di grande sofferenza, giorni di “passione”, giorni che vengono annunciati con serenità, perché è un sacrificio liberamente offerto, non un “martirio”, ma un’offerta libera di sé, un grande gesto di dimostrazione di Amore Vero. Egli deve portare a compimento un progetto di vita del tutto nuovo, è venuto tra di noi per la nostra Salvezza, per annunciare il grandioso modello di vita, per mostrare in tutta la sua pienezza il vissuto del Cristiano, concentrato tutto nel breve ma intenso Suo “cammino” terreno, che porterà la “Luce” nell’intimo di chi vorrà seguirlo. Un percorso che ha avuto inizio nella povera grotta di Betlemme e che si avvia alla conclusione con la morte in Croce. Un progetto completamente fuori dagli schemi “umani”! Nato povero tra i poveri, ultimo tra gli ultimi, muore inchiodato su una croce dopo un dolorosissimo “calvario”. Ma tre giorni dopo la morte risuscita, riappare nel Suo immenso Splendore, veramente Re dei Re, stravolgendo ogni ottica umana, che viene rapita dalla più meravigliosa vittoria del bene sul male. Ma gli uomini parlano ancora da uomini, la madre di Zebedeo chiede a Gesù due “posti di prestigio" per i due figli…. E’ la logica umana che ritorna sempre! Ma per la “conquista” del Regno di Dio Gesù ripete ai suoi dodici:
”… Colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”.

martedì 10 marzo 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la II settimana di Quaresima)

MARTEDÌ’ (Mt 23,1-12)
“Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno”. Ancora una volta Gesù suggerisce ai discepoli il comportamento da assumere nei confronti degli scribi e dei farisei, bravi nel predicare, ma non altrettanto bravi nel fare delle loro parole uno stile di vita. Essi, infatti, fanno di tutto per essere i primi, amano mostrarsi, quindi curare le apparenze. Ma trascurano l’interesse principale di ciascun uomo: Lavorare per”edificare” nel proprio cuore un mondo interiore solido, fondato sull’Amore Vero di Dio Padre. Una vera e propria rivoluzione nel modo di relazionare con se stessi e con gli altri. Ecco i compiti fondamentali per potere seguire Gesù: “Tagliare” con quella parte di noi che ci vorrebbe sempre i primi, i più ammirati, i migliori. “ Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato”. Non erigersi a maestri o seguire tutti coloro che si fanno chiamare‘‘rabbì’’ (Maestro). “, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.”. Non attribuire ad altri il nome di padre “perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo”. Maria SS, l’umile Serva del Signore, sia sempre il nostro modello di umiltà e di Amore verso Dio Padre, verso Gesù Cristo, Figlio. Noi tutti i suoi fratelli siamo nel Cuore della Madre. Il nostro proposito sia quello di “occupare” sempre degnamente questo posto.

domenica 8 marzo 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la II settimana di Quaresima)

LUNEDI' (Lc 6,36-38) - tratto da "La Chiesa.it"
Gesù ci chiama di nuovo ad imitare il Padre celeste con l’essere misericordiosi. Questa insistenza è dolcissima, poiché noi tutti abbiamo esperienza della nostra miseria e attraverso questa esperienza possiamo capire cosa sia la misericordia. Ma è anche rigorosissima, poiché Gesù ci avverte che vi è una esatta proporzione tra la misericordia che esercitiamo nei confronti dei nostri fratelli e quella che riceveremo dal Padre. Una frase sconvolgente, a pensarci bene! Dio ci ama al punto di mettere nelle nostre mani la “misura” stessa di cui egli si serve per elargire il suo amore. Ma egli vuole che noi ce ne serviamo come lui, per dare senza misura. Gesù ci indica quattro modi assai pratici di esercitare la misericordia. Primo: non giudicare. Durante questa Quaresima prendiamo la decisione di non giudicare mai. Sforziamoci di fare un digiuno di quei giudizi spontanei che diamo così spesso, in parole o in pensieri. Anche se siamo responsabili di qualcuno, non dobbiamo mai giudicare le sue intenzioni; non sappiamo quali siano i suoi sentimenti profondi, e il segreto del suo cuore non appartiene che a Dio. Condannare è ancor peggio: è dare un giudizio definitivo. Evitiamo la più piccola condanna, nelle nostre parole e nei nostri gesti. Al contrario, sforziamoci sempre di assolvere, di scusare, di rimettere a ciascuno il suo debito; cerchiamo di perdonare sempre e riceveremo anche il perdono del Padre. È così che verrà il regno di Dio “come in cielo così in terra”.

Omelia della II Domenica di Quaresima

di
Don Paolo Curtaz
Il Dio bellissimo
Tempo di vivificazione, questa quaresima: così come Gesù, inoltrandosi nel deserto, ha scelto quale Messia essere, così anche noi, in questi quaranta giorni, siamo invitati a chiederci quali persone siamo diventate e come vogliamo vivere. Permettiamo alla nostra anima di raggiungerci, fermandoci un poco, permettiamo al nostro "dentro" di riappropriarsi della nostra vita.Attraverso la preghiera quotidiana, il digiuno, l'attenzione ai poveri, possiamo – sul serio – preparare la nostra conversione alla gioia, preparaci alla Pasqua di resurrezione.
Colline
Sorrido sempre, leggendo dell'"alto monte" riportato da Marco; io, abituato alle pareti che si stagliano fino a sfiorare il cielo, ai quattromila mozzafiato, ai ghiacciai perenni, sono rimasto un po' deluso salendo al Tabor, graziosa collina battuta dal vento che domina la pianura di Armagheddon. Eppure in quel luogo straordinario (ancora oggi!), di una bellezza selvaggia, che possiede una forza misteriosa, Gesù ha voluto portare i suoi a vedere il suo vero volto.Nella solitudine e nella preghiera, Dio si è mostrato in tutta la sua seducente bellezza, perché soprattutto nell'interiorità Dio svela il suo volto. Ed è stato stupore, gioia, ebbrezza: Gesù che parla con Mosè ed Elia (la Legge e i Profeti) a confermare la sua messianicità, la nube, ricordo della nube primordiale che aleggiava sulle acque della creazione, il timore che prende Pietro e gli altri, perché di fronte alla maestosità di Dio la nostra arroganza e saccenza svaniscono.Infine, l'affermazione ingenua e divertente di Pietro: è bello per noi restare qui, Maestro.
Bellezza
Abbiamo urgente, assoluto bisogno di recuperare il senso del bello nella nostra vita. La bellezza risulta essere una straordinaria forza che ci attira verso Dio, che in sé è armonia, pienezza, verità. Quante volte mi viene da dire, a chi mi chiede della fede: è bello credere. E' bello e svela in me e negli altri l'intima e nascosta bellezza che lega le persone, gli avvenimenti, le emozioni.Quanti uomini e donne, nella storia, si sono avvicinati alla fede perché attratti dalla bellezza del Cristo, dalla sua ineguagliata umanità, dalla sua profonda tenerezza, dalla sua stupefacente maturità. Sì: è bello essere qui, Signore, è bello essere tuoi discepoli.Non avete mai avuto il fiato mozzato dalla percezione di una diga che, dentro il vostro cuore, stava allagando la vostra vita? Quella sera in montagna, nel silenzio assordante della natura, quel viaggio in quel monastero, la veglia di preghiera che vi ha preso particolarmente... esiste per tutti il Tabor, il momento in cui, per un attimo, facciamo l'assoluta esperienza di Dio, l'esperienza dell'Assoluto di Dio.Certo: il rischio è quello di restare chiusi nell'emozione, di legarsi troppo alla percezione senza aprirsi alle conseguenze di vita di questo incontro. Così gli apostoli, scesi dal Tabor, dovranno salire su un'altra collina: il Golgota. Lì la loro fede sarà macinata, seminata, resa pura.Senza coinvolgimento emotivo, senza reale bellezza, senza entusiasmo, è difficile essere credenti, è difficile restare cristiani. Il nostro mondo ha bisogno di bellezza, di armonia.Nel caos dell'eccesso (che di bello ha l'apparenza, ma che spesso nasconde il nulla) il nostro mondo può imparare dal cristianesimo la bellezza della fede, della preghiera, del silenzio, del gesto d'amore verso il fratello.
Il Dio bellissimo
Sapete perché sono prete, amici? Perché non ho trovato nulla di più bello di Cristo.Dovremo forse ricuperare questo aspetto nella nostra vita cristiana, ripartire dalla bellezza. Le nostre periferie sono orrende, orrende le città, orribili le finte-vacanze che ci vengono proposte in mezzo a finti paesaggi immacolati. Orribile il linguaggio e le persone che ci raggiungono dal mondo della politica e dello spettacolo. Abbiamo urgente bisogno di bellezza, della bellezza di Dio che è verità e bene e bontà.Non è forse questa la fragilità della nostra fede contemporanea? Non è forse questa la ragione di tanta tiepidezza della nostra comunità? Non abbiamo forse smarrito la bellezza nel raccontare la fede? Nel celebrare il Risorto? E' noioso credere. E' giusto – certo – ma immensamente noioso. Il Vangelo di oggi ci dice, al contrario, che credere può essere splendido. Varrebbe la pena di ricuperare il senso dello stupore e della bellezza, l'ascolto dell'interiorità che ci porta in alto, sul monte, a fissare lo sguardo su Cristo. Facciamo delle nostre messe dei luoghi di bellezza: il silenzio, il canto, la fede, il luogo in cui preghiamo, può riportare un briciolo di bellezza nella nostra quotidianità.
Dediche
Nella seconda metà dell'ottocento una delle mie parrocchiali, Saint Georges, venne affrescata da un modesto artista del luogo, tale Grange. Il parroco di allora, mio predecessore, Thèrisod, suggerì al decoratore cosa scrivere, inserendo delle frasi in ebraico e in greco (!) qua e là nel coro e nella navata. Sopra le canne dell'altare, in un luogo che solo dall'altare maggiore si riesce a vedere, il parroco fece scrivere, in greco, la dedica del lavoro (e della sua vita): "Al Dio grandissimo e bellissimo".

II Settimana di Quaresima ( 08 -14 mar.)

Domenica (Mc 9,2-10)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Lunedì (Lc 6,36-38)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio”.

Martedì (Mt 23,1-12)
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: “Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filatteri e allungano le frange; amano posti d’onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare ‘‘rabbì’’ dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare ‘‘rabbì’’, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno ‘‘padre’’ sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E non fatevi chiamare ‘‘maestri’’, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato”.

Mercoledì (Mt 20,17-28)
In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i Dodici e lungo la via disse loro: “Ecco, noi stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, che lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito e flagellato e crocifisso; ma il terzo giorno risusciterà”. Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: “Che cosa vuoi?”. Gli rispose: “Di’ che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno”. Rispose Gesù: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?”. Gli dicono: “Lo possiamo”. Ed egli soggiunse: “Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio”. Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli; ma Gesù, chiamatili a sé, disse: “I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”.

Giovedì (Lc 16,19-31)
In quel tempo, Gesù disse ai farisei: “C’era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell’inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti sarebbero persuasi”.

Venerdì (Mt 21,33-43.45)
In quel tempo, Gesù disse ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: “Ascoltate un’altra parabola: C’era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l’affidò a dei vignaioli e se ne andò. Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l’altro lo uccisero, l’altro lo lapidarono. Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l’erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l’eredità. E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l’uccisero. Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?”. Gli rispondono: “Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo”. E Gesù disse loro: “Non avete mai letto nelle Scritture: ‘‘La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri’’? Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare”. Udite queste parabole, i sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro e cercavano di catturarlo; ma avevano paura della folla che lo considerava un profeta.

Sabato (Lc 15,1-3.11-32)
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: “Costui riceve i peccatori e mangia con loro”. Allora egli disse loro questa parabola: “Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si indignò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.

sabato 7 marzo 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la I settimana di Quaresima)

SABATO ((Mt 5,43-48)
“Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori perché siate figli del Padre vostro celeste”. La forza dell’Amore predicato, vissuto e lasciato come unico e solo modello di vita Cristiana, da Gesù Cristo, il Figlio di Dio, fattosi uomo per portare “la lieta novella” oscurando schemi, tradizioni, usanze…e mettendo come priorità assoluta l’altro, quale Creatura dello stesso Padre da Amare con tutte le proprie forze al di là di tutto e di tutti, perché fratello in Cristo, indipendentemente dagli elementi che ne possano costituire motivazione di distacco, di allontanamento, di quanto si traduce anche in odio…. Chi è l’uomo per arrogarsi il diritto di giudicare il fratello, di condannare, come spesso succede con molta “faciloneria” erigendosi sul trono di “Colui che tutto può” perché conosce a memoria la scrittura, ma non conosce come viverla. Attenzione non corriamo in questi errori che sono dannosi ed a volte pericolosissimi se detti senza conoscere la persona, il suo cuore, la sua mente, i suoi pensieri, il suo stato d’animo in quell’istante. E’ vero si deve vivere secondo il Vangelo, ma il Vangelo dell’Amore. Gesù è stato duro a volte ma Gesù era il Figlio di Dio e leggeva dentro ogni cuore, lo conosceva, prima di incontrarlo e sapeva bene quale “pedagogia usare”ed allora prima di erigersi a giudice dell’altro e condannarlo, l’uomo pensi. Non si deve essere come ripetitore automatico ed ancor più gravemente usare la parola come scudo, per condannare. Questo non è il Vangelo di Gesù! Questo non è il modo di procedere di uomini che si ritengono “inviati” per evangelizzare gli altri. Vivano prima il Vangelo dell’Amore lo facciano crescere e maturare prima di “avventurarsi”. Gesù stesso lavorò nella bottega del Padre fino ad età adulta prima di iniziare la predicazione! Imparino a “sfoderare” nell’Amore, la lancia della comprensione, del perdono e dolcemente come il Pastore con la pecorella smarrita, abbracciandola, carezzandola e con dolcezza attrarla a sé e riconducendola con le altre nella giusta via.